Com’era prevedibile, un folto pubblico ha accolto Lorella Cuccarini e Giampiero Ingrassia al teatro Vittorio Emanuele di Messina. Copiosi gli applausi al loro ingresso sulla scena, non saprei dire se per omaggiarne le rispettive carriere o per incoraggiare unicamente la Cuccarini, alla prima esperienza, e si vedeva, nel mondo della prosa.
Le scene di Alessandro Chiti, da grandi produzioni, ricreavano gli ambienti come all’interno di studi televisivi. E quando prendeva le mosse “Non mi hai più detto ti amo” la disinvoltura di Lorella Cuccarini tra i fornelli era un simpatico déjà-vu che riportava alle ben note Scavolini, di cui la showgirl, cantante, ballerina, conduttrice televisiva e radiofonica, nonché attrice, fu testimonial per ben diciassette anni.
Non giovavano, invece, gli applausi di incoraggiamento a Giampiero Ingrassia, brillante al punto tale da adombrare, con generosità, le inadempienze attoriali della sua compagna di avventure e quelle ben più macroscopiche della drammaturgia di Gabriele Pignotta da cui prendeva le mosse lo spettacolo.
La plausibilità della storia, quando si scelgono temi attuali e personaggi nei panni dei quali facilmente gli spettatori possono calarsi, dovrebbe comunque eludere a teatro quella sciatteria di scrittura che in TV passa veloce e senza lasciare traccia. Confondere gli scenari, diversissimi peraltro, ha fatto sì che fosse imbastito su un palcoscenico vero uno spettacolo che tuttavia rimbalzava agli occhi del pubblico come da una sitcom american style.
Serena e Giulio erano arrivati a recitare a memoria le loro vite. L’una costantemente dedita alla famiglia, l’altro al lavoro. L’una alle prese con le paturnie dei figli, l’altro con quelle ancor più stravaganti dei pazienti. Non si poteva che sfinirsi. E senza tradimenti, senza terzi incomodi.
Il fischio del treno per Serena, impeccabile in ogni occasione grazie all’outfit pensato per lei, è piuttosto lo spettro di una malattia, liquidata drammaturgicamente troppo in fretta, quando tutto, come per incanto, si ricompone. In mezzo gli sconvolgimenti del caso, le divertenti incursioni del paziente Morosini, un mucchio di cene da ordinare e di panni sporchi da lavare, sparsi alla rinfusa per casa.
Plausibili, dicevo, gli scenari, a orchestrare i quali pensavano la dignitosa regia dello stesso Pignotta, il disegno luci di Umile Vainieri e le musiche di Giovanni Caccamo.
Non ha deluso la prova attoriale dei giovani Raffaella Camarda e Francesco Maria Conti. Va altresì riconosciuto il merito a Ingrassia di essere risultato credibile nei panni tanto del capofamiglia quanto in quelli di faro illuminante di un cast volenteroso ma alle prime armi.
“Non mi hai più detto ti amo”, genera infine una profonda riflessione sul teatro attuale, quello che da una parte guarda alle arti performative d’oltralpe e dall’altra strizza l’occhio alla televisione, alla commedia vecchia maniera cui il pubblico risulta ancora legato. Cosa c’è in mezzo? In mezzo pare ci sia una sterminata prateria di parole, sorvegliate, e di strutture minimali entro cui accoglierle, con minuziosa cura del dettaglio. In mezzo pare ci sia tanto teatro e pochi spazi, invero, per permettergli di fluire come dovrebbe.
(da Infomessina.it)
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