Quando l’amore è dedizione, mancanza, interminabile attesa. Quando l’amore è desiderio, speranza, sogno. Quando l’amore è – in una sola parola – grande, allora si può finanche uccidere in suo nome. E lì, in quel gesto estremo, termina la follia ma prosegue il dolore.
Di come si giunge a un sì terribile epilogo, dopo tanto amore, riferisce sulla scena Paolo Cutuli, regista e unico interprete di “Clitennestra o del crimine”, prodotto dalla compagnia di Polistena Dracma e già insignito del premio Parodos 2014 del Tindari Teatro Festival (miglior spettacolo e miglior interprete).
E al “Vittorio Emanuele” Cutuli racconta del rancore femminile, della gelosia, della follia, servendosi dei linguaggi contemporanei di un’arte minimalista sulla scena e ridondante di inquietudine, di dolore vomitato a parole, di rancore disegnato sulla pelle e lavato, di occhi che fissano e non vedono, di gambe che non reggono, di mani che uccidono.
La prosa lirica sulla passione amorosa di Marguerite Yourcenar in “Fuochi”, ove soggetti di ispirazione classica fungono da eterni archetipi, fornisce al regista il pretesto per tanto minuzioso quanto personale scavo nella mente di Clitennestra. Nulla, oltre l’assassina, a intasare la scena. Il marito Agamennone e l’amante Egisto sono due valigie con le rotelle che la donna apre, accarezza, trascina a suo piacimento.
Mentre zampilla il flusso di coscienza dell’ormai anziana donna. Zampilla e si arresta. Ora spezzato da Loredana Bertè, ora dai Depeche Mode, ora dalle note della Piccola Orchestra Avion Travel. Ad attenuare la tragicità sparsa per il teatro.
Il pubblico è la corte cui tocca giudicare Clitennestra, è quel popolo di vedove in attesa del ritorno dei mariti soldati e, come tale, strizza un occhio alla figlia di Tindaro e Leda. Ché le vedove in attesa non perdonano certo ad Agamennone il climax discendente dell’amore nelle lettere numerate, l’assenza, i supposti tradimenti. Tante piccole Clitennestra anch’esse, insomma, ansiose di smettere i panni di Penelope, cuciti addosso a forza e mai intimamente sentiti.
L’amore ci farà a pezzi sembra scorrere, unico sottotitolo, sui titoli di coda del dolore. Clitennestra diventa allora una donna qualunque che ne porta la croce.
(da Infomessina.it)
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