Ne escono a pezzi Stato, Chiesa, Mafia. Ne esce a pezzi l’uomo, con tutte quante le sue sporcizie esistenziali.
Resta un mistero che neppure mistero è. E resta un uomo, morto, che per tutti avrebbe scelto di morire. Così almeno recita l’esame autoptico.
Posto che ogni cosa abbia la sua spiegazione e che talora occorra solo ricercarla oltre l’apparenza, la storia di Attilio Manca è una storia meno intricata di altre. Almeno a rileggerla tra le righe di “Vinafausa” di Simone Corso portato sulla scena al Clan Off di Via Trento e diretto da Michelangelo Maria Zanghì.
Un albero senza foglie al centro, una sedia, due macchinine e a ruota Corso, Zanghì e Francesco Natoli su un palcoscenico ove non si racconta un fatto, ma si sputano ovvietà capaci di far accapponare la pelle. La “vina fausa” (vena falsa) va in cerca d’una buona vena d’acqua. Poi, se trova solo sabbia e fango, sentenzia una condanna a morte. Senza remissione di peccati.
Attilio Manca aveva 34 anni, era originario di Barcellona Pozzo di Gotto in provincia di Messina, era medico specialista in urologia. Il 14 febbraio 2004 fu trovato morto nel suo appartamento di Viterbo. Ecchimosi varie e due buchi di siringa sul braccio.
Nessuna comicità, solo l’umorismo più nero che sgorga dalla voce di Viola Valentino. Un brano, “Comprami”, storicamente trash almeno quanto tutta la vicenda, a intramezzare Mina.
Bernardo Provenzano ha un ruolo non da poco in tutta la vicenda di mezze frasi, metafore, proverbi siciliani. Manca gli rimosse un cancro alla prostata, per divenire egli stesso cancro da estirpare, testimone scomodo d’una latitanza durata tredici anni e verosimilmente avallata dal sistema. Restano allora i faldoni d’una magistratura che indaga e indaga e indaga. Con l’evidenza sotto gli occhi. E sulla scena Attilio Manca, spogliato della vita, che è scomodo testimone di se stesso.
“Vinafausa” ha dato il via alla stagione artistica “È tempo di teatro”, realizzata dall’associazione culturale “Clan degli Attori”.
Buona dunque la prima al teatro Clan Off. Settanta posti e un futuro tutto da scrivere sul quale hanno scommesso Giovanni Maria Currò e Mauro Failla.
(da Infomessina.it)
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