Frutto dell’intelligenza, del sarcasmo, della percettibilità di tre donne, “Storie di ordinaria maternità”, andato ieri in scena al teatro Dei 3 Mestieri, ha senza sforzo ritoccato l’immagine stereotipata della donna in gravidanza, restituendole paure e insicurezze di gran lunga più umane del sovrumano coraggio che abitualmente le si ascrive.
La maternità è del resto, per la donna, lo spartiacque tra un’esistenza che ruota attorno alla propria persona e quella in cui la propria persona di fatto smette di esistere. Ché tutto deve necessariamente ruotare attorno al figlio. Ché persino dieci minuti di solitudine costituiscono la meta agognata da raggiungere durante ventiquattro ore di incombenze – diciamocelo – non sempre gradevolissime.
E questo è il dopo. Prima c’è il corpo che cambia, prima ci sono tre mesi di nausea, prima c’è la fame da controllare, ci sono i corsi pre-parto da seguire, quelli tradizionali e quelli più à la page che puntano sulla localizzazione prima e sulla gestione dei muscoli del perineo poi.
È tutto un mondo che ti si schiude innanzi e che sostituisce a un ritmo esistenziale hard rock la scansione pop melodica della vita. Succede e basta.
Com’è accaduto a Carmela che, senza ipocrisia, fa fatica ad accettare la propria condizione di mamma anonima. Ora che gli aperitivi con le amiche e le serate in discoteca costituiscono solo il lieto ricordo del tempo che fu. Ora che le borse sotto gli occhi superano quelle nell’armadio. Ora che il solo shopping consentito è quello alla Prenatal e la vip card il marchio tangibile della sua momentanea diversità.
E che dire del parto? A Carmela la testolina che sbuca dal suo corpo esausto non ha rimosso le trentadue ore di travaglio. Lei è semplicemente onesta nel riconoscerlo. Come riconosce il fastidio che procurano le carrellate di parenti in clinica e a casa, a sconquassare ulteriormente la sua esistenza.
In tutto ciò, l’uomo, il padre? Non pervenuto. E questo rende tutto ancora più realistico. Ché l’uomo è ai margini, beato lui. Tuttalpiù reclama il sesso che per qualche mese gli è stato negato e la donna, tra una poppata e l’altra, tra i fastidi che ancora le procura, asseconda anche lui. Per il quieto vivere.
“Storie di ordinaria maternità” è dunque la genuina mise en scène della realtà vista chiaramente dalla personale prospettiva delle autrici Carmela De Marte, Miriam Guinea e Maddalena Vantaggi. Tolto il velo dell’ipocrisia sulle cose, irrompe il dramma, cui la regia di De Marte e Vantaggi ha comunque risparmiato la tragicità, virando verso quella leggerezza e quell’umorismo che risultano la carta vincente dello spettacolo.
Sulla scena, a proprio agio, Carmela De Marte e Miriam Guinea. La recitazione pulita, senza sbavature.
E se proprio una critica costruttiva si vuole muovere a questa deliziosa pièce è il lento decollo di uno spettacolo che, con una minima revisione dei tempi e della scrittura, avrebbe il diritto di decollare sin dalle prime battute. Tanto risulta frizzante e brioso mentre sfata i miti di un universo femminile non sempre votato al martirio.
La rassegna “Fuori Scena”, negli spazi aperti del teatro Dei 3 Mestieri, prosegue il prossimo giovedì con le storie sparse e all’apparenza senza filo logico di Marco Cavallaro, autore e attore di “Una serata come viene”.
(da Tgme.it)
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